













mar 06
In un mondo sempre più digitale e virtuale, occorre comunque fare i conti con la materia.
E la materia è, in effetti, uno dei temi centrali della contemporaneaneità, paradossalmente.
Si moltiplicano dibattiti e articoli in cui si parla della finitezza delle risorse materiali, della necessità di limitare il consumo del territorio, il consumo di materie prime, il consumo di energia, i materiali di scarto.
E c’è altro.
Dalla ricerca tecnologica nascono nuovi materiali, mai esistiti prima che in breve si sono diffusi globalmente in tutto il mondo. Contemporaneamente un tipo particolare di legno, o di pietra viene rivalutato perché tipico di un luogo e dunque carico di valore identitario.
Allora qual è la materia del futuro? Quella più tecnologicamente avanzata o quella proveniente dalla tradizione più antica? Quella più internazionale o quella più locale?
E si può davvero coniugare l’ecologia con il design?
E’ possibile, per esempio, pensare di creare oggetti di alto valore estetico con materiali di recupero?
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42 commenti
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Raffaella
5 marzo 2012 a 8:01 pm (UTC 2) Link a questo commento
Perfettamente d’accordo!!
Raffaella
5 marzo 2012 a 8:00 pm (UTC 2) Link a questo commento
Credo che dipenda sia da questo, sia da una maggiore consapevolezza.
E credo anche ci sia la volonta’ di promuovere la propria immagine attraverso un comportamento o un atteggiamento che oggi viene vissuto come etico.
AkirA
5 marzo 2012 a 7:57 pm (UTC 2) Link a questo commento
Esatto. Il fatto che possiamo parlarci tramite skype non significa che non ci servano le orecchie per ascoltarci. Il fatto che possiamo ordinare la cena via internet, non ci rende meno sensibili ai sapori.
Non c’è nessun rapporto fra la virtualizzazione e l’informatizzazine del modo ed una presunta perdita di sensorialità.
Raffaella
5 marzo 2012 a 7:57 pm (UTC 2) Link a questo commento
La matericita’ e’ contrapposta alla dematerializzazione del contemporaneo, si dice.
Secondo me l’una non ha mai escluso l’altra… Altrimenti che vita potremmo vivere? E come potremmo portare le nostre esperienze reali nel mondo virtuale? Abbiamo bisogno della materia per poter essere (anche) virtuali?
Vida
5 marzo 2012 a 7:57 pm (UTC 2) Link a questo commento
Secondo il mio parere stiamo lentamente riappropriandoci del nostro valore dei riciclo che gli anni 60-70-80 avevano relegato a mero significato di “tirchiaggine”. Sarà perchè il momento in cui viviamo è di transizione?
Se “transizione” significa “recupero” di materia e valori insiti nella materia, ben venga la crisi
Gardenia
5 marzo 2012 a 7:56 pm (UTC 2) Link a questo commento
Per evolverci dobbiamo tornare indietro come dicevano all’inizio della discussione….
io mi sono divertita a fare un gioco sui corsi e ricorsi storici….
Questa la definizione di economia curtense:
La curtis è lo spazio chiuso, non nel senso di uno spazio economicamente chiuso, quanto piuttosto territorialmente chiuso, delimitato da precisi spazi.
Oltre a non rappresentare una forma di economia chiusa la curtis non impedì lo sviluppo di un mercato.
Al suo interno non si praticò esclusivamente o principalmente il baratto né il suo sviluppo causò la crisi e poi la sparizione della piccola proprietà terriera, che del resto continuò a esistere accanto alle grandi distese fondiarie.
Non è da escludere poi al suo interno una certa mobilità della forza lavoro.
Sostituiamo alcune parole:
Lo Stato è lo spazio chiuso, non nel senso di uno spazio economicamente chiuso, quanto piuttosto territorialmente chiuso, delimitato da precisi confini.
Oltre a non rappresentare una forma di economia chiusa lo Stato non impedisce lo sviluppo di un mercato globale.
Al suo interno non si pratica esclusivamente o principalmente il commercio e la speculazione finanziaria né il suo sviluppo causa la crisi e poi la sparizione della piccola-media impresa, che del resto continua a esistere accanto alle grandi multinazionali.
Non è da escludere poi al suo interno una certa mobilità della forza lavoro.
Woland
5 marzo 2012 a 7:54 pm (UTC 2) Link a questo commento
La materia è il “timbro” dell’opera.
La materia sta ad un oggetto come lo strumento sta ad uno spartito musicale.
Christian
5 marzo 2012 a 7:53 pm (UTC 2) Link a questo commento
dovrebbero tenerne conto…
Raffaella
5 marzo 2012 a 7:52 pm (UTC 2) Link a questo commento
I materiali sostenibili sono oggetto d’attenzione: il valore di questi materiali non passa piu’ dall’aspetto economico, ma dalla loro capacita’ insita di essere appunto sostenibili.
Cambia il valore culturale e sociale che viene attribuito alla materia?
Francesco
5 marzo 2012 a 7:50 pm (UTC 2) Link a questo commento
Scusate, seguo il vostro blog da un po’, ma vorrei dire che l’idea del recupero a tutti i costi e del corretto sfruttamento delle risorse materiali ed umane mi fa venire in mente la storia medievale.
Stiamo cercando di vivere l’ossimoro di un’economia curtense su scala globale?
OvO
5 marzo 2012 a 7:49 pm (UTC 2) Link a questo commento
“Etnico” significa “tipico di un’etnia”. Perciò è etnico qualsiasi cosa abbia una tradizione e sia venduto lontano da dove è prodotto.
Raffaella
5 marzo 2012 a 7:48 pm (UTC 2) Link a questo commento
Cappellini lavora con paesi a economia fragile utilizzando materiali locali o di riciclo ripensando la materia in modo diverso.
Di quali progetti parla? Questi progetti servono a rafforzare anche l’economia locale di questi paesi svantaggiati?
Silvia
5 marzo 2012 a 7:46 pm (UTC 2) Link a questo commento
Leggendo i testi si evince che alla base del “nuovo consumo” oggi in realtà non c’è più il consumo stesso, ma l’esperienza e la partecipazione sociale.
Interessantissimo “il consumatore postmoderno”.
Ma i designer presenti ne tengono conto?
Federico
5 marzo 2012 a 7:44 pm (UTC 2) Link a questo commento
Sono molto affascinati questi racconti in cui un materiale “folgora” il creativo.
Molto molto belli
Giorgio
5 marzo 2012 a 7:43 pm (UTC 2) Link a questo commento
Giusto, mi piacerebbe sapere da Abis cosa ne pensa.
Io studio nel marketing e determinati processi sociali sono alla base non solo dei processi di mercato, ma offrono anche molti spunti di riflessione.
Questo TREND del GREEN / RECUPERO / RICICLO nasce da un cambiamento sociale o viceversa?
Julie
5 marzo 2012 a 7:41 pm (UTC 2) Link a questo commento
Per Paola Navone: qual è un materiale che lei ha trovato particolarmente attrattivo?
Christian
5 marzo 2012 a 7:38 pm (UTC 2) Link a questo commento
Sto ascoltando la riflessione del Professor Abis sulle scelte a dir poco “cinestesiche” del consumatore.
Possiamo quindi dire che dalla dimensione del “visivo” il consumatore è ritornato alla dimensione del senso.. tocco.. materia… intesa come espressione della propria individualità?
AkirA
5 marzo 2012 a 7:38 pm (UTC 2) Link a questo commento
Per Abis: Questa è l’epoca del multitasking e della multifunzionalità: fare più cose allo stesso tempo o con lo stesso oggetto (si pensi agli smartphone ecc.). Questo si fa sentire anche nell’architettura? Anche gli spazi domestici passeranno dall’avere un ruolo definito ad essere “multifunzione”?
Raffaella
5 marzo 2012 a 7:37 pm (UTC 2) Link a questo commento
La virtualizzazione contemporanea non comporta una perdita di interesse verso la sensorialita’, soprattutto tattile.
Silvia
5 marzo 2012 a 7:35 pm (UTC 2) Link a questo commento
Domanda per il prof. Abis:
La riscoperta dell’estetica si manifesta con una marcata tendenza all’estetizzazione dei prodotti sia dal punto di vista del design che dei materiali utilizzati.
Ma allora è vero che “Il bello ci salverà” come scriveva Dostoevskij?
Otto
5 marzo 2012 a 7:35 pm (UTC 2) Link a questo commento
Per Abis: Ma non è un paradosso tentare di rendere “personalizzato” e “unico” un oggetto che è realizzato in catena di montaggio, quinndi in copie per definizione identiche (come l’automobile)?
Woland
5 marzo 2012 a 7:32 pm (UTC 2) Link a questo commento
Ha ragione Paola Navone nel cogliere il paradosso della Ginori.
Che senso ha spendere una quantità enorme di lavoro per far sembrare industriali oggetti che in realtà sono artigianali?
antonio p.
5 marzo 2012 a 7:30 pm (UTC 2) Link a questo commento
Anche Marco Aurelio, nei Pensieri, parla della piacevolezza degli oggetti irregolari. Per esempio il pane, reso più appetitoso da scepolature e rigonfiamenti sulla sua superficie.
Dario
5 marzo 2012 a 7:26 pm (UTC 2) Link a questo commento
La bellezza del brutto. L’esattezza delo sbagliato.
Non abbiamo inventato nulla. Esistono vasi appartenenti alla civiltà Maya che sono “appositamente” piegati, come se durante la cottura la struttura avesse subito un cedimento.
Gardenia
5 marzo 2012 a 7:25 pm (UTC 2) Link a questo commento
Verissimo, tipico italiano anche l’aneddoto raccontato da Cappellini (nascondere il vecchio/passato). Però non è sempre facile per un creativo nato in Italia fare i conti con un passato così importante.
Ellie
5 marzo 2012 a 7:24 pm (UTC 2) Link a questo commento
Una domanda all’architetto Cappellini: trovo interessante l’affermazione che ogni oggetto parla la lingua della materia di cui è fatto ma ma vorrei chiedere il suo pensiero su qual è la materia del futuro? Quella più tecnologicamente avanzata o quella proveniente dalla tradizione più antica? Quella più internazionale o quella più locale?
Gardenia
5 marzo 2012 a 7:23 pm (UTC 2) Link a questo commento
Ribadisco il concetto del “ready-made” di Duchamp esposto prima….e poi non dimentichiamo l’ironia, la scossa psicologica che ci stimola nel momento in cui notiamo delle difformità tra un preconcetto innato e la novità di fronte a noi.
AkirA
5 marzo 2012 a 7:22 pm (UTC 2) Link a questo commento
Straordinario quello che dice Rosita Missoni! Mai buttare via il pezzo sbagliato!
Woland
5 marzo 2012 a 7:20 pm (UTC 2) Link a questo commento
Sono d’accordo. Evento veramente interessante.
Paola Navone è una forza della natura!
Raffaella
5 marzo 2012 a 7:20 pm (UTC 2) Link a questo commento
L’oggetto parla con la voce della materia di cui e’ fatto (cit. Cappellini)
Luigi
5 marzo 2012 a 7:19 pm (UTC 2) Link a questo commento
Passione, curiosità e rispetto dice Cappellini…e amore aggiungerei….
Una marca, un prodotto, un progetto non sono più segni del commercio (trademarks), ma segni dell’amore.
Siamo guidati dalla ricerca di esperienze autentiche e significative in cui giocare un ruolo attivo.
Cerchiamo in tutti i settori momenti di interazione e di scambio e li cerchiamo negli oggetti che ci circondano.
Ma allora questa necessità di recupero nasce da un cambiamento sociale globale o viceversa?
Elisa
5 marzo 2012 a 7:19 pm (UTC 2) Link a questo commento
Per Cappellini: lei dice che la meta nuova del design è usare materiali anche conosciuti, ma fuori dal loro contesto abituale.
Può citare un caso in cui l’impiego di un materiale l’ha particolarmente colpita per originalità?
Anonimo
5 marzo 2012 a 7:18 pm (UTC 2) Link a questo commento
L’oggetto parla con la voce della materia di cui e’ fatto (cit. Cappellini)
Raffaella Amoroso
5 marzo 2012 a 7:17 pm (UTC 2) Link a questo commento
Eventi interessantissimo. Io sto facendo anche live twitting con #oikos e #conversazionesullamateria
meme
5 marzo 2012 a 7:16 pm (UTC 2) Link a questo commento
Per Giuliano Cappellini. Interessante quello che dice sull’iniziare dalla materie. Prima si decide la materia da utilizzare, poi cosa fare.
Mi piacerebbe sentire il racconto di un progetto iniziato dalla scelta della materia.
Lidia
5 marzo 2012 a 7:15 pm (UTC 2) Link a questo commento
Superficie e materia, bello l’accostamento di cui parla la Signora Navone: si parte dal superfluo per arrivare al nucleo. Nella sua collezione ONEOFF per la casa MERCI ha recuperato 1000 kg di scarti provenienti dai magazzini Richard-Ginori e, reinventandoli, ha dato loro nuovo respiro.
Design e recupero quindi possono andare a braccetto?
OvO
5 marzo 2012 a 7:12 pm (UTC 2) Link a questo commento
Una domanda per Paola Navone: Lei è una grande viaggiatrice; ha vissuto a lungo in Indonesia, Malesia, Thailandia. Come questa esperienza ha influenzato la sua percezione del colore e della materia?
Gardenia
5 marzo 2012 a 7:11 pm (UTC 2) Link a questo commento
Il tema della materia è un archetipo fondante di ogni creatore/creatura che accomuna l’uomo nel suo percorso evolutivo, dal GOLEM ad oggi.
Nell’ambito del tema di oggi trovo interessante non solo il tema della materia, ma anche quello del recupero, che non è solo un recupero fisico, ma di valori.
L’idea che unisce arte e recupero nasce in modo un po’ diverso 100 anni fa con il “Ready-made” (un termine inglese che significa “già pronto”).
Tale termine venne coniato negli anni ’10 da Marcel Duchamp per designare le opere create con oggetti d’uso quotidiano che l’artista prelevava dal proprio contesto usuale e presentava nel contesto dell’arte con un intento intellettuale e provocatorio.
Oggi il concetto alla base del ready-made è diventato un must nell’ambito del design e ritengo che in qualche modo abbia mantenuto un intento ironico alla base di molte creazioni.
Mi piacerebbe sapere dai relatori in sala cosa ne pensano di quest’ultima affermazione.
franco
5 marzo 2012 a 7:10 pm (UTC 2) Link a questo commento
Interessante quelo che dice Paola Navone.
Ma come creare in modo “industriale” l’imperfetto, il discontinuo, l’irregolare?
julia
5 marzo 2012 a 7:09 pm (UTC 2) Link a questo commento
Una domanda alla Signora Missoni, il suo recupero della materia è anche recupero della “storia” di famiglia.
Che rapporto quindi ci puo’ essere tra tra materia e storia?
Consuelo
5 marzo 2012 a 7:08 pm (UTC 2) Link a questo commento
E’ curioso come il parlare di materia spinga chi parla a tornare ai loro inizi biografici.
Woand
5 marzo 2012 a 7:03 pm (UTC 2) Link a questo commento
Peccato per la defezione di Cibic!